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È importante osservare la distinzione tra vocali brevi e lunghe, in quanto la lunghezza vocalica può cambiare il significato di una parola.
La durata delle vocali lunghe (ā, ē, ī, ō, ū) dovrebbe essere doppia rispetto a quella delle vocali brevi.

Ecco qualche dritta per leggere al meglio le trascrizioni in lettere romane:

  • ch si legge come la ‘c’ di ‘cena’
  • sh si legge come la ‘sc’ di ‘sci’
  • la j si legge come la ‘g’ di ‘gelato’, mentre la g si legge come in ‘ghiaccio’
  • la h è sempre aspirata
  • la r si pronuncia a metà tra la ‘r’ e la ‘l’
  • la u non si legge quando segue ‘ts’ o ‘s’ in finale di parola, e spesso quasi non si sente quando è compresa tra due consonanti

La conoscenza dell’inglese non vi garantirà di comunicare con la gente del posto. L’idea imperante che i giapponesi siano impenetrabili o perfino bizzarri fa parte di stereotipi che affondano le radici nella lingua: pochi giapponesi sono in grado di parlare bene l’inglese.
Questa difficoltà deriva in gran parte da un infelice sistema didattico ed è aggravata da una timidezza innata, da tendenze perfezioniste e dalla natura stessa della lingua giapponese, che contiene un minor numero di suoni rispetto alle principali lingue del mondo, rendendo più difficile la pronuncia di qualsiasi idioma straniero.
Pertanto l’atteggiamento che a un osservatore di passaggio può apparire come impenetrabile e quasi irritante corrisponde a una semplice incapacità di comunicare in modo efficace. Uno straniero che riesca a imparare il giapponese e a parlarlo in modo fluente scoprirà un popolo dai pensieri e sentimenti molto simili a quelli degli abitanti di altre nazioni.

Il giapponese scritto nasce dalla fusione di tre sistemi di scrittura diversi.
Il primo, il kanji, è costituito da ideogrammi, che rappresentano un concetto o un oggetto, mentre gli altri due, l’hiragana e il katakana, sono scritture ‘sillabiche’; il katakana, in particolare, nasce dall’esigenza di rappresentare sillabe di parole con origine straniera.